Introduzione
Il mercato immobiliare presenta dinamiche assai sfaccettate; tra queste, una delle più interessanti riguarda senza dubbio il diritto di prelazione.
Questa prerogativa, prevista per gli inquilini di un immobile, offre loro una possibilità di prelazione nel caso in cui l’immobile in cui risiedono venga messo in vendita.
Ma cos’è esattamente questo diritto e in quali situazioni può essere esercitato?
Il diritto di prelazione si può definire come un diritto di “preferenza d’acquisto”. Ciò significa che, se un locatore decide di vendere l’immobile locato, l’inquilino ha, in certi contesti, la priorità per effettuare l’acquisto.
Prima di procedere con qualsiasi offerta esterna, il proprietario è tenuto a proporre all’attuale inquilino la possibilità di acquistare l’immobile alle condizioni proposte.
Ecco la parte cruciale: il locatore ha l’obbligo legale di comunicare all’inquilino la sua intenzione di vendere e le condizioni di vendita stabilite.
Questo garantisce che l’inquilino abbia tutte le informazioni necessarie per valutare la proposta e decidere, entro un periodo di tempo prestabilito, se esercitare o meno il proprio diritto di prelazione.
L’inquilino e il diritto di prelazione: quando e come si applica?
Il contesto in cui l’inquilino può vantare il diritto di prelazione dipende dalla tipologia di contratto stipulato.
Se si tratta di un contratto di locazione a canone libero, detto anche “4 + 4”, l’inquilino ha diritto di prelazione se il locatore decide di vendere l’immobile entro i primi quattro anni.
Al contrario, in presenza di un contratto concordato, questo diritto si estende solo per i primi tre anni di locazione. Una volta superato questo periodo, l’inquilino non potrà più vantare tale prerogativa.
È interessante notare che, nonostante queste specifiche tempistiche, il locatore non ha un obbligo legale di informare l’inquilino circa la sua decisione di vendere l’immobile.
Tuttavia, vi è una particolare condizione che invalida il diritto di prelazione: se l’inquilino possiede già altri immobili che si adatterebbero alle sue esigenze abitative, non potrà far valere il suo diritto.
Ma una curiosità importante riguarda il contratto di locazione in sé. Non è infatti permesso inserire nel contratto una clausola che impedisca all’inquilino di esercitare il diritto di prelazione.
In parole povere, anche se il locatore lo desiderasse, non potrebbe mai stabilire contrattualmente che l’inquilino rinuncerà a questo suo diritto, qualora l’immobile fosse messo in vendita nei tempi previsti.
Ciò significa che tale prerogativa è imprescindibile e va rispettata, indipendentemente dalle condizioni pattuite inizialmente tra le parti.
Il diritto di prelazione dell’inquilino: eccezioni e casi particolari
Il panorama del diritto di prelazione per l’inquilino presenta alcune eccezioni che meritano attenzione. Non sempre, infatti, l’inquilino può far valere questo diritto, anche se sta affittando l’immobile in questione.
Una delle situazioni in cui il diritto di prelazione non si applica riguarda le vendite all’interno del nucleo familiare.
Se un proprietario sceglie di vendere l’immobile a un familiare, come un coniuge o un parente fino al secondo grado, l’inquilino non può esercitare il diritto di prelazione. Analogamente, in caso di donazione dell’immobile ai figli, la questione del diritto di prelazione viene messa da parte.
Altro scenario in cui il diritto di prelazione non entra in gioco è quando l’immobile viene incorporato all’interno di una società. Se un proprietario decide di assegnare l’immobile a una società di cui fa parte, l’inquilino non ha il diritto di prelazione su tale bene.
Situazioni particolari si verificano anche in casi di vendite forzate, come quelle legate a un’asta. Qui, il meccanismo di prelazione non si applica, rendendo la vendita libera da questo vincolo.
Inoltre, qualora un proprietario decida di vendere un intero edificio, l’inquilino avrà il diritto di prelazione solamente sull’unità abitativa che sta occupando, e non sull’intera struttura.
Infine, è fondamentale sottolineare l’obbligo del proprietario di comunicare all’inquilino la sua intenzione di vendere l’immobile, ma solo nei casi in cui il diritto di prelazione può essere esercitato.
Il proprietario dovrà specificare le condizioni di vendita, permettendo all’inquilino di avere un quadro chiaro della situazione.
Da quel momento, l’inquilino avrà 60 giorni per valutare se esercitare o meno il suo diritto di prelazione.
Diritto di prelazione: quando l’inquilino può intervenire
Esistono diversi scenari in cui l’inquilino può intervenire quando un immobile che occupa viene messo in vendita.
Una volta informato dell’intenzione del proprietario di vendere l’immobile, l’inquilino ha il diritto di esercitare la prelazione, oppure può decidere di non procedere, lasciando così al proprietario la libertà di vendere a terzi.
Tuttavia, le condizioni di vendita devono rimanere coerenti con quelle comunicate inizialmente all’inquilino.
Se nel corso della trattativa di vendita emergono condizioni differenti da quelle inizialmente proposte all’inquilino, il proprietario ha l’obbligo di informarlo.
Questo perché l’inquilino deve avere la possibilità di valutare le nuove condizioni e decidere di conseguenza. D’altro canto, l’inquilino non può stravolgere l’offerta proposta dal proprietario.
Ad esempio, se un appartamento viene messo in vendita per 200 mila euro con un pagamento previsto entro 30 giorni, l’inquilino non può contrattare un prezzo minore o modificare i termini di pagamento, a meno che queste nuove condizioni non siano suggerite da un eventuale terzo acquirente.
La corretta comunicazione tra proprietario e inquilino è fondamentale. Se il proprietario vende l’immobile senza aver previamente informato l’inquilino, quest’ultimo ha il diritto di intervenire legalmente.
In questi casi, l’inquilino può decidere di avviare una causa legale sia contro il proprietario che contro l’acquirente, con l’obiettivo di riscattare l’immobile o di ottenere un risarcimento.
È importante notare che l’inquilino dispone di sei mesi di tempo per agire, a partire dalla data del rogito notarile.
Dove si nasconde il diritto di prelazione nell’ambito immobiliare
Come abbiamo visto, nel panorama immobiliare, il diritto di prelazione rappresenta una tutela fondamentale per gli inquilini.
Quando si tratta di vendita di un immobile occupato, il locatario ha un arco temporale di sei mesi per presentare un eventuale ricorso, una volta venuto a conoscenza della vendita. Superato questo semestre, si intende che l’inquilino acconsente tacitamente all’operazione.
La situazione, tuttavia, presenta delle peculiarità nel caso delle locazioni commerciali.
Il diritto di prelazione per questi immobili rispecchia le stesse linee guida di quelli residenziali, ma con una specifica: è riconosciuto solamente agli esercizi commerciali che interagiscono direttamente con il pubblico.
Questo significa che studi medici, veterinari, architettonici e altri studi professionali non godono di tale diritto. L’eccezione si limita a spazi come negozi, bar o ristoranti, aperti al grande pubblico.
Le modalità operative sono le stesse che abbiamo identificato per le locazioni residenziali.
Il locatore ha il dovere di notificare all’inquilino la volontà di vendere l’immobile, specificando le condizioni della vendita.
Da quel momento, l’inquilino dispone di 60 giorni per valutare se esercitare il suo diritto di prelazione.
Se, però, emergono nuove condizioni di vendita prima della finalizzazione, il proprietario deve necessariamente informare l’inquilino prima di concludere l’operazione.