
Effettuata esclusivamente da ditte specializzate ed iscritte all’Albo Gestori Ambientali, nonché fornite di adeguate protezioni, la rimozione e smaltimento di amianto si configura un’operazione estremamente delicata, perché deve impedire la possibile dispersione di fibre di questo materiale nell’aria. Essa si struttura in una serie di fasi, a cominciare da un sopralluogo volto appunto a verificare la presenza di amianto, e dalla predisposizione di un apposito piano di lavoro da inviare all’organo di vigilanza (SPSAL, Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro), con indicazione del luogo e della data di inizio della bonifica.
Detto invio deve avere luogo almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori: se entro tale termine l’organo di vigilanza non formula motivata richiesta di integrazione o di modifica del piano di lavoro, è possibile procedere con i lavori. Un eventuale carattere di urgenza non richiede la necessità dei 30 giorni di anticipo, tuttavia il datore di lavoro sarà tenuto a comunicare, insieme alla data, anche l’orario d’inizio dei lavori.
Si procederà poi con l’incapsulamento del materiale – al fine di evitarne la precitata dispersione di fibre nell’aria – servendosi di un fissativo penetrante o ricoprente, per poi procedere alla bonifica delle superfici circostanti, su cui poggiava il prodotto in amianto. Detto prodotto andrà poi rimosso, e smaltito definitivamente presso una discarica autorizzata.
Importante sottolineare che il materiale risultante al termine della procedura di rimozione e smaltimento amianto viene caratterizzato (ovvero classificato) come rifiuto speciale pericoloso sulla base del Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER).
Premesso che il codice CER è un codice composto da 3 coppie numeriche, codificate in modo univoco in tutta Europa, l’amianto – prodotto da attività di demolizione – rientra nel gruppo 17 (Rifiuti delle attività di costruzione e demolizione, compreso il terreno prelevato da siti contaminati), e nello specifico, nel sottogruppo 17 06 (materiali isolanti e materiali da costruzione contenenti amianto).
Che cos’è l’amianto?
Deriva dal termine greco àsbestos che vuol dire “inestinguibile”, “che non si spegne mai”, e presenta caratteristiche tali che unite ad un costo modico ne hanno favorito un ampio utilizzo, ed a più livelli.
Parliamo dell’amianto, un minerale naturale a struttura microcristallina ed esteticamente fibroso, facente parte della classe chimica dei silicati (come la Tremolite o la Crocidolite) e delle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. Ottenuto con estrazione, si caratterizza per una serie di proprietà che in passato lo hanno visto adoperato nei più svariati settori, come quello dell’edilizia, dei trasporti, e dell’industria.
Solo per fare qualche esempio, l’amianto è stato impiegato nelle coperture quali canne fumarie, lastre e pannelli, negli intonaci, nelle pavimentazioni (linoleum) e nei cartoni a protezione degli impianti di riscaldamento; ha trovato altresì uso nei freni e nelle frizioni, nelle guarnizioni e negli schermi parafiamma, come pure è stato materia prima di molti oggetti e manufatti, ed isolante termico negli impianti ad alta e bassa temperatura (centrali termiche, zuccherifici o fonderie tra i tanti).
Ma quali sono le caratteristiche di questo materiale che lo hanno reso negli anni trascorsi così versatile e diffuso? Senza dubbio la sua elevata resistenza al calore, alla trazione ed all’usura, ma anche la semplicità di lavorazione dovuta alla struttura fibrosa, il suo essere agevolmente mescolabile ad altre sostanze (il cemento) e le sue capacità fonoassorbenti. E, non da ultimo, il precitato basso costo.
Con il tempo, però, l’amianto si è rivelato pericoloso per la salute dell’uomo, motivo per il quale il suo uso è stato abolito in Europa nel 2005, in Italia a partire dal 1992: vediamo quali sono i fattori di rischio.
Perché è nocivo?
La nocività dell’amianto è da ascrivere alla sua capacità di rilasciare fibre potenzialmente inalabili dall’uomo, con il conseguente sorgere di malattie a carico dell’apparato respiratorio (come il carcinoma polmonare ad esempio) e delle membrane sierose, in particolar modo la pleura (mesoteliomi).
La maggiore pericolosità non si riscontra nell’amianto compatto, che per sua natura non comporta un rilascio di fibre – a meno che non sia abraso, tagliato o deteriorato – quanto piuttosto nei materiali contenenti amianto friabile, che possono essere ridotti in polvere tramite semplice azione manuale, ed anche liberare fibre spontaneamente (specie in presenza di infiltrazioni d’acqua o di correnti d’aria) o se danneggiati durante interventi di manutenzione.
Identificata la pericolosità dell’amianto, si è stabilita la cessazione del suo utilizzo con la Legge 27/03/1992 n. 257 (prima legge italiana sulla tematica), per poi procedere con una serie di provvedimenti e normative relativi ad esempio alla valutazione del rischio amianto o alla predisposizione di appositi piani regionali. Fondamentale, per la sicurezza sul lavoro, è il D.Lgs. 81/2008 – Capo III “Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto”.